venerdì 6 aprile 2007

La dignità dell’uomo

L’uomo si è sempre considerato un essere privilegiato nei confronti degli altri esseri, anche se le sue peculiarità sono state interpretate in vario modo nel corso della storia.

Nell’antichità l’uomo era un essere animato tra tanti esseri animati, e la sua anima poteva incarnarsi anche in altri esseri viventi (nella trasmigrazione delle anime), tuttavia nell’uomo l’anima appariva con la sua intelligenza.

Aristotele distingue gli esseri viventi in esseri vegetali, sensitivi, razionali attribuendo a ciascuno un’anima che governa il proprio stato; all’uomo attribuisce la capacità intellettiva, ovvero la capacità di cogliere le idee.
Anche gli altri filosofi greci, pur se con differenti accezione, considerano l’uomo capace di conoscenza, di libertà e di felicità.

Nelle religioni monoteistiche l’uomo ha una particolarità, che lo distingue dagli altri esseri, è simile a Dio, è l’essere prediletto di Dio, perchè Dio gli ha comunicato direttamente la vita dandogli l’anima, il soffio divino. Tuttavia le religioni, pur riconoscendo all’uomo la libertà, ritengono che Dio si preoccupi di lui e lo guidi alla salvezza.

Durante l’Umanesimo, all’uomo, pur sempre creatura di Dio, viene riconosciuta la libertà di prendere autonomamente decisioni per la sua vita, e di essere attore nella storia. L’uomo è al centro nella scala degli esseri.

Nel ‘600 e ‘700 l’uomo è soprattutto ragione che illumina e domina ogni cosa, ma intanto il suo corpo è diventato un oggetto di scienza così come tutti gli altri esseri viventi. Vivo è in questo periodo il dibattito tra i razionalisti empiristi e i razionalisti innatisti, cioè tra coloro che sottolineano la superiorità dell’uomo in quanto essere spirituale e libero e coloro che riducono l’uomo ad una meravigliosa macchina, regolata da leggi fisiche; questione ancora aperta.

Da sempre si è posto con forza il problema della difesa dell’individualità o dell’appartenenza ad un’entità superiore: l’uomo ha valore in sé in quanto individuo o acquista un senso in quanto partecipe della vita di Dio o dell’umanità o di una società?

Le risposte differiscono secondo la sensibilità insita in ciascuno. Ma da ottimista, che sono, ritengo che l’uomo abbia una propria dignità, che va rispettata e difesa.

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5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah...il desinar dell'Astro...
mi sovviene,quandanche si possa parlar di memoria, quei parchi giorni di povertà, allorquando il pane si guadagnava con l'olio di gomito e la quaestio latinae linguae era un gioiello nella bocca di poche genti (elitariamente parlando, si capisce) le quali se lo potevano ben permettere... allora, nel 1942, era tutto (dico tutto) più virulento, an-agevole...
l'uomo, umanamente inteso, scolpiva la sua dignità in una semi-automatica...o in un semi-cingolato, vetusto, opaco guaire della guerra...
Un parere a proposito non mi farebbe male...

Giulio ha detto...

L'uomo affronta le situazioni in cui si trova a vivere con fatica e dignità, cercando di migliorare il proprio tenore di vita. Credo che questo sia avvenuto nel passato e avvenga nel presente. Non ammiro il passato, ma non lo posso dimenticare perchè è la radice del presente; bisogna progettare il futuro.
(A maggior ragione un momento forte come una guerra segna profondamente l'uomo).

Anonimo ha detto...

Aristotele era un cretino, un predigiorno, che pontificava sulla banalità. Non sono io a dirlo, ma fu, duemila anni fa, il glossatore attico
Fanocle il prosseneta, in un suo specioso commento all'Etica dello stagirita. L'uomo non è altro che un animale in preda agli stimoli più bassi, propaggine mal riuscita del suo organo sessuale. Egli era solito rivolgersi ai suoi discepoli con queste parole: "Pensa ad un individuo solo nella notte buia: non farà altro che aver paura e pregherà il cielo, gli dei riuniti in assemblea, perchè lo premino con la morte. Meglio per lui essere ombra nell'erebo perduto che vivere. E noi dovremmo avere pietà per questo abominio della natura? Reputarlo quale creatura suprema: un dio alquanto malvagio avrebbe potuto giocarci un tiro sì mancino".

Dilly ha detto...

Prof, prima di tutto volevo dirle che ha fornito un bellissimo ed emblematico excursus storico sul concetta della dignità dell'uomo.
Ma personalmente ritengo che il concetto di dignità dell'uomo si sia realmente concretizzato nel momento in cui ha avuto dei riscontri nella società: con l'illumunismo che esaltando la razionalità dell'uomo nel esaltava la dignità intellettuale, che, di fatto, è quella che conta.
Senza nulla togliere a Pico della Mirandola, non riesco ad accettare che il mio libero arbitrio sia applicabile solo verticalmente, esso è invece ricco di sfumature: ma come sono soliti fare i credenti, essi sono condizionati ad una visione limitata e monocromatica...
Per quanto riguarda Arisotele, esso non solo ha individuato nell'uomo l'unico essere capac di partecipare delle idee ma ne ha anche considerato le applicazioni in campi artistici, come la stessa letteratura (poethike tekne).
La questione del "soffio vitale" è qualcosa che mi fa sempre ALTERARE: che ragionamento è? L'uomo ha acquisito la sua dignità e libertà xk dio gli ha alitato nelle narici??? Diciamolo ai martiri della libertà o a quelle persone che non sono ancora rispettate in quanto tali!!!!
Per l'uomo, come ogni essere vivente ha una sua dignità x il semplice fatto che esiste;perchè ogniuno di noi ha il diritto/dovere di preservare la libertà e dignità altrui affinchè non possa un giuorno venir lesa la propria.
Buona sera e grazie per gli ottimi spunti di riflessione

Giulio ha detto...

Cara Dilly
La dignità dell’uomo non può essere misurata in un particolare momento storico, l’uomo è tale per le facoltà in suo possesso, che nel tempo ha sviluppato. Non so chi abbia ragione sull’origine dell’uomo, se i fissisti o gli evoluzionisti, certo è che nella Genesi si sottolinea la particolare natura dell’uomo quando si afferma che Dio ha fatto l’uomo a sua immagine o che gli spirò il “soffio vitale” , un’affermazione condivisibile da tutti coloro che ritengono che l’uomo si distingua dagli altri esseri viventi. Nel corso della storia l’uomo con l’esercizio delle sue facoltà ha conseguito enormi risultati in campo etico-sociale (non intendo ripetere la storia civile). Durante l’Illuminismo è stato rivalutato con successo l’aspetto razionale dell’uomo, che non era del tutto negato negli altri secoli, ma come tu stessa, in altro luogo, hai sottolineato non bisogna dimenticare che l’uomo e passione, sentimento, amore. Forse io spesso protendo verso il razionalismo, perché la ragione spiana molti ostacoli, tuttavia non bisogna dimenticare che la quotidianità dimostra che non sempre si vive razionalmente, anzi… Inoltre nella storia, anche seguendo la ragione sono state commesse tante atrocità. Anche per la ragione bisogna spesso chiedersi: quale ragione? La ragione di chi? La ragione è negli uomini, che spesso la utilizzano per giustificare le loro “motivazioni” non per la ricerca della “Verità”.
Ciao!